Imparare i malintesi, riparare gli abusi, preparare le intese
A cura di Sandro Calvani
In questo inizio del terzo decennio del terzo millennio che stiamo vivendo, la prosperità inclusiva delle società civili in ogni loro espressione, sociale, economica, culturale e politica si deve soprattutto a due gruppi di energie vitali e contrarie: quello della cooperazione tra realtà diverse e quello dei conflitti tra di loro. Sappiamo tutti che le persone hanno tutti pari diritti e devono avere pari opportunità. Ma tale base fondativa delle società paritarie non nasce da sola, va costruita con molta cura. Più alto e complesso è l’edificio di società paritaria che stiamo progettando, più solide devono essere le fondamenta. Molti osservano in modo intellettualmente onesto che noi che viviamo dentro a tali “edifici convenzionali” non siamo certo responsabili delle loro fondazioni e comunque non possiamo riprogettare adesso le vecchie fondazioni che forse sono deboli. In pratica alziamo le mani, ci arrendiamo contro minacce di ingiustizia che sembrano provenire da legislazioni insufficienti o mal applicate, governance nazionale ed internazionale dei beni comuni inadeguate e incompetenti, laissez-faire delle imprese, con il risultato di auto-commiserarci in un accidioso convincimento “mi spiace molto, ma io che ci posso fare?”
Per queste ragioni i conflitti sociali diventano dirompenti e minacciano di sbriciolare tutti i tessuti cooperativi che apprezziamo della società. Siamo costretti a rafforzare le strutture portanti della società a fianco a noi, visto che le fondazioni sono quelle che sono.
Dovremmo renderci conto che tra le discipline dei conflitti, quelle che studiano il conflitto di genere e ogni forma di violenza leggera o grave, manifesta o subdola collegate ad esso sono quelle più controverse. Ma questo conflitto è anche quello che ha bisogno di maggior attenzione, perché la sua mancata riduzione o risoluzione è una pesante palla al piede che impedisce la liberazione di tante società civili nel mondo e blocca la loro crescita verso un modello di prosperità inclusiva.
Questo è anche il capitolo dei conflitti non risolti che va a toccare alcuni dei temi più intimi, alcuni dei nervi più scoperti, alcune delle pieghe più oscure delle nostre comunità. Se ne siamo consapevoli, dovremmo anche essere responsabili e capaci di collaborare a rammendare gli strappi delle società .
Uno degli interventi più efficaci a disposizione per questo “artigianato” della ricostruzione dei diritti civili a disposizione di tutti è la Convenzione dell’ILO (International Labour Organization) sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, adottata nel giugno 2019 e ratificata per prima in Italia il 12 gennaio 2021. Non per caso, l’ILO è la più antica organizzazione internazionale di consultazione e cooperazione internazionale, nata diversi decenni prima delle Nazioni Unite, perché governi, imprese e sindacati si sono sempre rese conto che il lavoro è il più efficace e diffuso strumento di democrazia, progresso e giustizia in mano alle persone. Le raccomandazioni contenute nella Convenzione rappresentano un manuale semplice, completo e dettagliato per mettere le mani in uno dei conflitti più brutti del mondo moderno e divenire protagonisti della risoluzione intelligente e inclusiva. Questa volta non si può dire che il governo o il padronato non ci lasciano giocare un ruolo da protagonisti; al contrario, tutti possiamo entrare in campo e nessuno dovrebbe restare sulle tribune, negli spogliatoi o in panchina. Per rendere “alla pari” i diritti di tutte le lavoratrici, bisogna evitare di “se-parare” le aspirazioni comuni, e coinvolgersi invece nell’im-parare le cause dei malintesi e della disuguaglianza, ri-parare le divisioni e gli abusi, pre-parare le nuove intese e le prassi di tutti i giorni sul luogo di lavoro .
1 Tratto liberamente da: Valerio Capraro e Sandro Calvani, La scienza dei conflitti sociali, Franco Angeli editore, 2020.
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