Le donne e il mondo del lavoro: una realtà ingiusta

In Italia, una donna su quattro non ha un’occupazione stabile, pur desiderando e potendo lavorare. È spesso disoccupata, scoraggiata o vincolata a contratti part-time non voluti. Al Sud, la situazione è ancora più grave, con il tasso di “non lavoro” che raggiunge il 42%.

Questi dati preoccupano più del tasso ufficiale di disoccupazione, che include solo chi ha compiuto almeno un’azione di ricerca attiva. Nel quarto trimestre 2023, la disoccupazione femminile è scesa all’8,7%, ma nel Mezzogiorno era quasi il doppio. Tuttavia, il fenomeno degli “scoraggiati” e dei sottoccupati in Italia è particolarmente esteso rispetto agli altri Paesi europei.

Negli altri Paesi UE, la distanza tra i disoccupati ufficiali e coloro che vivono nel “limbo del non lavoro” è meno marcata. Nell’UE a 27, il tasso di mancata partecipazione è dell’11,1%, con differenze di genere meno pronunciate rispetto all’Italia. In Germania, ad esempio, il tasso di mancata partecipazione è del 6,5%, con una differenza tra uomini e donne di solo mezzo punto percentuale. Italia è in fondo alla classifica, seguita solo da Spagna (22,5%) e Grecia (19,9%).

In Italia, le disparità interne sono particolarmente significative: tra Trentino Alto Adige e Sicilia, il “labour slack” femminile quadruplica, passando dall’11,3% al 47,4%.

A complicare il quadro c’è il lavoro nero, diffuso soprattutto nel Mezzogiorno, che contribuisce all’alto tasso di part-time involontario, il 57,9% (il più elevato in Europa). Spesso nei servizi, si propongono contratti da 18 ore settimanali che, all’occorrenza, si estendono a 40 ore, con straordinari pagati irregolarmente. Così, i lavoratori rimangono intrappolati, impossibilitati a cercare un secondo lavoro che migliorerebbe il reddito mensile. Quella che doveva essere una misura di conciliazione diventa quindi una trappola, soprattutto per le donne.