La Cassazione conferma la legittimità del licenziamento per molestie sessuali sul posto di lavoro

Con un’importante ordinanza emessa il 10 marzo 2025, la Corte Suprema di Cassazione ha stabilito in modo inequivocabile che il licenziamento rappresenta una sanzione pienamente giustificata quando un lavoratore ponga in essere comportamenti molesti a sfondo sessuale nei confronti di una collega, violandone la dignità personale e professionale. La sentenza, che conferma una precedente decisione della Corte d’Appello di Bologna, riguarda un caso emblematico nel settore dei trasporti, dove un dipendente era stato destituito per aver rivolto ripetutamente frasi inappropriate a una collega in presenza di altri lavoratori.

Il principio affermato dalla Suprema Corte è particolarmente significativo perché chiarisce come le molestie sessuali sul lavoro possano configurarsi come forma di discriminazione anche quando non sia dimostrabile una precisa intenzione offensiva da parte dell’autore. Ciò che rileva, secondo i giudici, è principalmente l’oggettiva natura della condotta e la percezione soggettiva della vittima, la cui dignità risulta violata indipendentemente dalle reali intenzioni di chi ha tenuto il comportamento molesto.

Nel caso specifico, la condanna del lavoratore è stata ritenuta pienamente conforme all’articolo 45 del Regio Decreto n. 148 del 1931, che disciplina i licenziamenti per giusta causa. I giudici hanno sottolineato come le frasi pronunciate dal dipendente, oltre a essere chiaramente indesiderate dalla collega, fossero state espresse in un contesto lavorativo e in presenza di testimoni, aggravando così la portata della violazione. La natura non episodica della condotta ha rappresentato un ulteriore elemento a sostegno della decisione di licenziamento.

Questa pronuncia giurisprudenziale assume particolare rilievo nel panorama del diritto del lavoro italiano, rafforzando il quadro di tutela contro le discriminazioni di genere e ribadendo l’obbligo per le aziende di garantire ambienti lavorativi rispettosi della dignità di tutti i dipendenti. Le imprese sono chiamate a intervenire con tempestività di fronte a episodi di molestia, attivando tutte le necessarie misure disciplinari, mentre i lavoratori devono essere consapevoli che comportamenti inappropriati, anche se apparentemente “leggeri” o non intenzionalmente offensivi, possono comportare conseguenze gravi fino alla perdita del posto di lavoro.

La sentenza rappresenta dunque un importante passo avanti nella lotta alle discriminazioni sessuali nei luoghi di lavoro, chiarendo una volta per tutte che il rispetto della dignità personale costituisce un valore non negoziabile che deve essere garantito in ogni contesto professionale. Questo orientamento giurisprudenziale, in linea con i principi costituzionali e con la normativa europea, offre un solido strumento di tutela per le vittime di molestie e al tempo stesso un chiaro monito contro qualsiasi forma di comportamento inappropriato in ambito lavorativo.

Fonte: https://www.iqnotizie.it/notizia/IQ34053-30-0001/Discriminazioni-sessuali-e-molestie-licenziato-il-lavoratore