Il dilemma della maternità: come la nascita di un figlio penalizza le carriere femminili
Secondo il rapporto annuale dell’INPS, la nascita di un figlio aumenta significativamente la probabilità che le donne italiane abbandonino il lavoro. Molte sono ancora costrette a scegliere tra maternità e carriera, con conseguenze sulla loro realizzazione personale, sul benessere delle famiglie e sull’economia del paese. Prima della nascita di un figlio, la probabilità di lasciare il lavoro è simile per uomini e donne. Tuttavia, entro un anno, il tasso di dimissioni per le donne sale al 18%, mentre per gli uomini scende all’8%. A sette anni dal primo figlio, il tasso di dimissioni per le donne è ancora il doppio di quello degli uomini (10% contro 5%).
La maternità influisce anche sui redditi: le madri che hanno accesso al congedo subiscono una perdita del 30%, mentre per chi non ne beneficia la riduzione arriva all’80%. Al contrario, i padri vedono un incremento del loro reddito del 50% a sette anni dalla nascita del figlio.
Di recente, The Economist ha pubblicato un approfondimento sul fenomeno globale della “penalizzazione della maternità”, definendolo come la riduzione dell’occupazione femminile dopo la nascita del primo figlio. I dati raccolti in 134 paesi mostrano che il 25% delle donne abbandona il lavoro entro un anno dalla maternità, e dieci anni dopo il 15% è ancora fuori dal mercato del lavoro.
Nonostante i progressi nel mondo professionale, la combinazione di carriera e maternità resta una sfida. Le cause variano a seconda del contesto, ma i dati rivelano una carenza di politiche di supporto come asili nido accessibili, congedi di paternità paritari e misure per ridurre il divario salariale di genere. Queste carenze si inseriscono in un quadro di mentalità ancora arretrate in molti paesi, Italia inclusa, dove la divisione dei ruoli domestici e di cura rimane fortemente sbilanciata.
Inoltre, i sociologi sottolineano che, nel contesto lavorativo, le madri vengono spesso percepite come meno competenti, meno dedite e meno idonee per avanzamenti di carriera. Questo pregiudizio è rafforzato dall’idea che una madre non possa mai dedicarsi completamente al lavoro.