Canta ancora di Arisa: per le madri e contro il bullismo

La canzone di Arisa, Canta ancora, porta con sé un messaggio profondo di amore e di protezione, con tema centrale la riflessione dolorosa sul bullismo. Il brano, colonna sonora del film Il ragazzo dai pantaloni rosa, racconta la storia drammatica di un ragazzo vittima di bullismo che, a causa della sofferenza e dell’emarginazione, ha deciso di togliersi la vita a soli quindici anni.

Nel testo, Arisa esprime la sua indignazione per l’incapacità della società di accettare la diversità con rispetto e comprensione. Con toni toccanti, la cantautrice racconta la sofferenza che accomuna tante madri che hanno perso i loro figli per mano dell’odio e dell’ignoranza. Canta ancora diventa così non solo un inno di speranza, ma anche un appello a riconoscere la dignità e la bellezza nella diversità, promuovendo un ambiente in cui nessun giovane debba sentirsi escluso o emarginato.

Arisa descrive come una madre, nonostante tutto, non smetta mai di amare e proteggere, anche quando il dolore è insopportabile. Con queste parole, invita tutti a riflettere sull’importanza del rispetto, dell’inclusione e dell’amore come strumenti fondamentali per contrastare il bullismo e proteggere i giovani.

“Power” per l’impegno nel contrasto della violenza di genere

Il Dipartimento degli affari extraregionali della regione siciliana informa dell’uscita del bando di WeWorld nel quadro del progetto P.O.W.E.R con l’obiettivo rafforzare le competenze delle organizzazioni della società civile impegnate nel contrasto della violenza di genere secondo un approccio intersezionale e transfemminista. Il bando prevede l’erogazione di un contributo di natura economica e di un programma di capacity building per rafforzare le competenze delle organizzazioni della società civile impegnate nel contrasto della violenza di genere secondo un approccio intersezionale e transfemminista con una dotazione finanziaria pari a 345.000 Euro.

Il progetto intende supportare le organizzazioni della società civile attraverso l’erogazione di un contributo di natura economica per finanziare quindici proposte progettuali e l’offerta di un programma dicapacity building di 12 giornate e networking tra le realtà identificate.

Gli obiettivi sono quelli di offrire spazi sicuri ed accoglienti per accompagnare le donne e le giovani nella definizione di un progetto personalizzato di presa di distanza dalla violenza, accrescere le conoscenze e sviluppare le capacità di professionisti e degli stakeholder direttamente coinvolti nei programmi di supporto e assistenza, facilitare la creazione di reti tra gli attori interessati, sostenere l’adozione di protocolli e procedure innovative/semplificate per favorire l’emersione, garantire assistenza e permettere la costruzione di progetti di autonomia, accrescere la consapevolezza, rafforzare il ruolo e le capacità di giovani di identificare e agire pratiche innovative in risposta ad episodi di violenza e discriminazione di genere, migliorare le conoscenze e influenzare i sistemi decisionali e politici decisionali per migliorare le leggi, favorire l’adozione di strumenti e protocolli, aumentare i finanziamenti dedicati al contrasto della violenza di genere.

È possibile mandare la propria candidatura dal 1° ottobre 2024 al 15 novembre.

Per maggiori informazioni, consulta qui.

6Libera promuove il progetto di Mindfulness e Neuroscienza per Contrastare lo Stress nei Luoghi di Lavoro

La mindfulness si è dimostrata un potente strumento per migliorare il benessere dei lavoratori e la cultura aziendale, in particolare nelle piccole e medie imprese (PMI) e per i lavoratori a rischio di mobbing, molestie e violenze sul lavoro. Aziende internazionali come Google, Aetna e General Mills hanno implementato programmi di mindfulness, riportando significativi miglioramenti nella produttività, nella riduzione dello stress e nell’aumento della soddisfazione lavorativa.

Studi scientifici hanno dimostrato che la pratica della mindfulness può ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, e migliorare la resilienza emotiva. Per esempio, un’indagine condotta presso Aetna ha rivelato una riduzione del 28% nei livelli di stress tra i partecipanti e un incremento di 62 minuti di produttività per dipendente a settimana. Tali evidenze supportano l’adozione della mindfulness come strategia efficace per promuovere un ambiente di lavoro più sano e sicuro, in cui i lavoratori possano sentirsi valorizzati e protetti.

L’Associazione 6Libera collabora con Confapid nazionale per formare e sensibilizzare le aziende sui temi del rischio da stress correlato nelle situazioni di mobbing, molestie e qualsiasi forma di violenza nei luoghi di lavoro. Nello specifico sono stati organizzati 4 webinar gratuiti in merito all’empowerment delle donne sul lavoro, per fornire strumenti per gestire lo stress e migliorare il benessere mentale può aiutare le donne a sentirsi più sicure e supportate nei loro ruoli, miglioramento della cultura aziendale, promuovendo la mindfulness al fine di creare un ambiente di lavoro più sano e inclusivo che valorizza la salute emotiva e mentale, prevenzione del Burnout e riduzione del Turnover, riducendo così i tassi di turnover e trattenendo i talenti, supporto agli Standard Legali ed Etici, per prevenire e affrontare molestie e violenze sul posto di lavoro, supportando sia la conformità legale che le pratiche aziendali etiche.

Ogni lezione avrà una durata di un’ora e mezzo a partire dal 28 ottobre 2024 dalle ore 13.30 alle ore 15.30 e seguiranno gli altri appuntamenti il 4, l’11 e il 18 novembre 2024.

Questi webinar non solo favoriranno un ambiente di lavoro più sereno e sicuro, ma contribuiranno anche a potenziare la produttività e la soddisfazione lavorativa delle partecipanti. Supportare la mindfulness dimostra un impegno concreto verso il benessere mentale ed emotivo delle donne nel settore delle PMI.

Le lezioni saranno tenute da Giordana Fiorentino, neuroscienziata e ricercatrice presso il The Mindfulness Center della Brown University, uno dei principali istituti mondiali per la ricerca e l’insegnamento della scienza della mindfulness nella salute pubblica.

L’ultima lezione ospiterà Isabella Schiavone, giornalista e scrittrice italiana nota per il suo impegno nel giornalismo sociale e ambientale. Giornalista Rai, attualmente ricopre il ruolo di vice caporedattrice nella redazione delle discipline olimpiche e paralimpiche di Rai Sport. È anche un’istruttrice di Mindfulness certificata e Ambasciatrice per il Telefono Rosa, impegnandosi attivamente nella difesa dei diritti delle donne e dei minori.

Il dilemma della maternità: come la nascita di un figlio penalizza le carriere femminili

Secondo il rapporto annuale dell’INPS, la nascita di un figlio aumenta significativamente la probabilità che le donne italiane abbandonino il lavoro. Molte sono ancora costrette a scegliere tra maternità e carriera, con conseguenze sulla loro realizzazione personale, sul benessere delle famiglie e sull’economia del paese. Prima della nascita di un figlio, la probabilità di lasciare il lavoro è simile per uomini e donne. Tuttavia, entro un anno, il tasso di dimissioni per le donne sale al 18%, mentre per gli uomini scende all’8%. A sette anni dal primo figlio, il tasso di dimissioni per le donne è ancora il doppio di quello degli uomini (10% contro 5%).

La maternità influisce anche sui redditi: le madri che hanno accesso al congedo subiscono una perdita del 30%, mentre per chi non ne beneficia la riduzione arriva all’80%. Al contrario, i padri vedono un incremento del loro reddito del 50% a sette anni dalla nascita del figlio.

Di recente, The Economist ha pubblicato un approfondimento sul fenomeno globale della “penalizzazione della maternità”, definendolo come la riduzione dell’occupazione femminile dopo la nascita del primo figlio. I dati raccolti in 134 paesi mostrano che il 25% delle donne abbandona il lavoro entro un anno dalla maternità, e dieci anni dopo il 15% è ancora fuori dal mercato del lavoro.

Nonostante i progressi nel mondo professionale, la combinazione di carriera e maternità resta una sfida. Le cause variano a seconda del contesto, ma i dati rivelano una carenza di politiche di supporto come asili nido accessibili, congedi di paternità paritari e misure per ridurre il divario salariale di genere. Queste carenze si inseriscono in un quadro di mentalità ancora arretrate in molti paesi, Italia inclusa, dove la divisione dei ruoli domestici e di cura rimane fortemente sbilanciata.

Inoltre, i sociologi sottolineano che, nel contesto lavorativo, le madri vengono spesso percepite come meno competenti, meno dedite e meno idonee per avanzamenti di carriera. Questo pregiudizio è rafforzato dall’idea che una madre non possa mai dedicarsi completamente al lavoro.

Psichiatri: ‘Stress, iper-lavoro, discriminazioni e molestie aumentano il rischio di malattie mentali’

Ambienti di lavoro stressanti, ostili e caratterizzati da pregiudizi, discriminazione e molestie possono avere un impatto devastante sulla salute mentale. La disoccupazione, la precarietà economica e lavorativa, così come la perdita recente del lavoro, rappresentano ulteriori fattori di rischio per tentativi di suicidio. Questo è l’allarme lanciato dalla Società Italiana di Psichiatria (Sip) in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, che si celebra il 10 ottobre. Quest’anno, l’OMS ha scelto di porre l’accento sul legame tra lavoro, società e salute mentale.

Al centro dell’attenzione, come sottolineato dalla Sip, vi sono due categorie chiave: da un lato i lavoratori, messi a dura prova da ambienti lavorativi nocivi, e dall’altro i medici, che tra turni estenuanti e condizioni lavorative precarie, affrontano quotidianamente una crescente domanda di aiuto. A questo quadro si aggiungono le nuove forme di povertà, le tensioni sociali e la fragilità di giovani e famiglie.

Liliana Dell’Osso, presidente della Sip, sottolinea la necessità di un’azione urgente per ridurre lo stigma legato ai disturbi mentali sul posto di lavoro. Con il 60% della popolazione mondiale impegnata in attività lavorative e il 15% di essa affetta da problemi di salute mentale, è fondamentale promuovere consapevolezza e formazione per creare ambienti più sani e inclusivi. Lo stigma, infatti, non solo ostacola l’accesso al lavoro, ma esclude spesso le persone con gravi disturbi mentali o le relega a impieghi poco retribuiti e insicuri, privi di adeguate tutele.

La prevalenza dei disturbi mentali è ormai in procinto di superare quella delle malattie cardiovascolari. Secondo l’OMS, depressione e altre patologie psichiche diventeranno le più diffuse al mondo già prima del 2030. In Italia, tali disturbi costano al sistema economico circa il 4% del PIL, tra spese dirette e indirette, e contribuiscono a ridurre di 10 anni l’aspettativa di vita. Tuttavia, a fronte di una crescita pandemica dei disturbi mentali, non si registra un miglioramento corrispondente nei servizi di cura: il numero dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) è passato da 183 nel 2015 a 139 nel 2023, e si prevede che entro il prossimo anno mancheranno mille psichiatri all’appello.

L’ex premier Mario Draghi: Chi paga meno le donne va contro la Costituzione

«Chi paga meno le donne va contro la Costituzione». Lo dichiara l’ex premier Mario Draghi, ospite d’onore all’undicesima edizione del Tempo delle Donne a Milano. L’Italia è infatti ultima per occupazione femminile ma la Costituzione italiana tutela la parità di condizione. L’ex premier mette in evidenza come la disparità di trattamento economico tra uomini e donne rappresenti una violazione dei principi costituzionali. Questi temi sono particolarmente rilevanti in un periodo in cui le crisi economiche globali e le sfide interne richiedono risposte tempestive ed efficaci.

Affermare che “chi paga meno le donne va contro la Costituzione” significa riconoscere che la parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma un principio fondamentale sancito dalla Costituzione stessa. La discriminazione economica nei confronti delle donne, che si traduce in salari più bassi, minori opportunità di carriera e un accesso limitato a risorse e servizi, contraddice i valori di uguaglianza e dignità.

In questo contesto, la Certificazione per la parità di genere gioca un ruolo cruciale, aiutando le aziende a maturare autoconsapevolezza e a intraprendere un percorso di miglioramento continuo basato su evidenze quantitative e misurabili.

135 bambini partecipano a “Crazy Bully”, progetto contro la povertà educativa nel catanese

A Mazzarrone, in provincia di Catania, prenderà il via un’iniziativa volta a combattere la povertà educativa, grazie ai fondi del Pnrr. Il progetto, denominato “Crazy Bully”, è rivolto a 135 bambini tra i 5 e i 10 anni e alle loro famiglie, e prevede un intervento che durerà 16 mesi, a partire dal 30 settembre. Attraverso una serie di attività ludiche, ricreative e didattiche, il progetto punta a sostenere la crescita dei partecipanti e a promuovere il cambiamento, coinvolgendo la comunità locale.

La Comunità educante di Mazzarrone

L’obiettivo principale di “Crazy Bully” è quello di creare una Comunità educante permanente sul territorio, che supporti le istituzioni scolastiche e le famiglie nella gestione del compito educativo. Il progetto è promosso dalla cooperativa sociale “Somnium”, attiva da oltre 20 anni nel supporto a minori, famiglie e anziani nel comune di Mazzarrone.

Il contesto di Mazzarrone

Mazzarrone, noto per la produzione di uva da tavola IGP, è un comune con una significativa presenza di cittadini stranieri regolari, per i quali sono previsti percorsi di inclusione socio-lavorativa in agricoltura. Il progetto “Crazy Bully” si inserisce in questo contesto, operando all’interno del Distretto socio-sanitario 13 Caltagirone.

Le parole del sindaco

Giovanni Spata, sindaco di Mazzarrone, ha espresso soddisfazione per l’avvio del progetto, sottolineando l’importanza di interventi mirati ai minori e basati sull’educazione. Secondo il sindaco, il progetto rappresenta un passo importante nel sostenere le persone più fragili della comunità.

I percorsi del progetto

Il progetto “Crazy Bully” si basa su tre percorsi principali:
1. “Crazy Bully, non sono bullo… ma piaccio!”: laboratori artistici e ludico-ricreativi, con l’obiettivo di promuovere la non violenza, l’inclusione e le pari opportunità.
2. “Crazy Bully: se non giochi non vinci”: attività sportive, tra cui il Campionato calcistico dell’amicizia, che mira a favorire l’inclusione attraverso lo sport.
3. “Crazy Bully: libera la conoscenza”: laboratori di lingua italiana, recitazione e cinematografia, con attività come cineforum e laboratori di scrittura creativa.

Educazione e inclusione

Il progetto prevede anche laboratori di narrazione per riscrivere favole sull’integrazione culturale, oltre a attività sui social network per sensibilizzare i bambini alla parità, alla lotta al razzismo e al bullismo. Gli eventi comprendono anche spettacoli, concorsi per giovani scrittori e mostre per artisti emergenti.

L’arte come strumento educativo

Un elemento di rilievo sarà l’esposizione di un’opera d’arte intitolata “Educazione”, realizzata dagli studenti della scuola “Oliver Twist” di Como e presentata all’Onu di New York. L’art director palermitana Tiziana Serretta, coinvolta nel progetto, sottolinea l’importanza dell’arte come strumento educativo.

Le finalità del progetto

Carmelo Aristia, presidente della cooperativa “Somnium”, ha ribadito che l’obiettivo del progetto è prevenire la dispersione scolastica, il bullismo e la povertà educativa, promuovendo la partecipazione attiva dei minori e delle loro famiglie. Il progetto mira anche a favorire il dialogo interculturale e l’integrazione.

Collaborazioni e spazi dedicati

Le attività si svolgeranno presso il Centro Polivalente di Mazzarrone, concesso in uso alla cooperativa “Somnium”, capofila del progetto. Collaborano alla realizzazione di “Crazy Bully” diverse realtà locali, tra cui l’APS Viva la Vida, l’associazione Spirituality in the Material, l’APS 6libera.6come6, il Comune di Mazzarrone, l’IC Mazzarrone-Licodia Eubea e l’ASD Mazzarrone Calcio.

Donne in Prima Linea: la Crescente Violenza contro il Personale Sanitario

Negli ultimi anni, il settore sanitario ha affrontato sfide senza precedenti. Tuttavia, un aspetto drammatico e spesso trascurato di questa crisi è l’aumento delle aggressioni contro il personale sanitario, un fenomeno che colpisce in particolare le donne. Nel 2023, si sono registrate circa 16.000 aggressioni nei luoghi di lavoro, di cui l’80% ha riguardato lavoratrici. Questa situazione preoccupante è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui la mancanza di fondi, problemi strutturali e l’elevata pressione a cui sono sottoposti sia i pazienti che gli operatori sanitari.

La scarsità di fondi destinati alla sanità ha portato a una carenza di personale e di strutture, con conseguenti attese interminabili per i pazienti. Questo scenario crea un clima di frustrazione tra i malati e le loro famiglie, che si sentono abbandonati e trascurati. La difficoltà di accesso a cure tempestive può generare tensioni, con pazienti e familiari che riversano la loro rabbia su chi si trova in prima linea: i lavoratori della salute.

Le strutture sanitarie sono spesso sottoposte a un sovraccarico di lavoro, con personale insufficiente per far fronte alla domanda crescente di assistenza. Questa situazione non solo influisce sulla qualità delle cure, ma può anche contribuire a un aumento delle tensioni e delle aggressioni. In un ambiente dove la pressione è costante e le risorse sono limitate, anche il personale più esperto può trovarsi a fronteggiare situazioni di conflitto con pazienti o familiari.

Un altro fattore critico è la comunicazione. La mancanza di chiarezza e trasparenza può generare incomprensioni tra pazienti e operatori sanitari, alimentando ulteriormente la frustrazione. Quando le persone non comprendono le ragioni di un ritardo o di una decisione medica, la loro reazione può manifestarsi in modi aggressivi.

Nonostante l’alto numero di aggressioni, molte di esse non vengono denunciate. Gli operatori sanitari, spesso, non segnalano gli episodi di violenza per paura di ritorsioni o per il timore di apparire deboli. Questa situazione crea un ciclo vizioso in cui le aggressioni continuano a verificarsi, ma rimangono invisibili e non affrontate. La mancata denuncia non solo mette a rischio la sicurezza del personale, ma può anche far sembrare il problema meno grave di quanto non sia in realtà.

È fondamentale sottolineare che l’80% delle aggressioni avviene contro donne, il che riflette una questione di genere nel settore sanitario. Le lavoratrici sono spesso più vulnerabili a episodi di violenza e intimidazione, e questo può avere un impatto devastante sul loro benessere psicologico e sulla loro carriera. Le aggressioni non solo danneggiano il morale del personale, ma possono anche portare a un elevato tasso di turnover, aggravando ulteriormente la carenza di personale.

La UNI/PdR 125, infatti, ha lo scopo di avviare un percorso di cambiamento diffuso per superare la visione stereotipata dei ruoli e attivare i talenti femminili. Affinché le azioni volte al raggiungimento della parità di genere siano efficaci, è stata definita una serie di indicatori (kpi) che garantiscono una misurazione del livello di “maturità” delle singole organizzazioni.

I kpi sono di natura quantitativa e qualitativa: i primi sono misurati in termini di variazione percentuale rispetto a un valore interno aziendale o al valore medio di riferimento nazionale o del tipo di attività economica; i secondi in termini di presenza o assenza. A ogni indicatore è associato un punteggio il cui raggiungimento viene ponderato per il peso dell’area di valutazione: è previsto il raggiungimento del punteggio minimo di sintesi complessivo del 60% per determinare l’accesso alla certificazione. Chi viene certificato, ottiene il marchio UNI, che testimonia l’adesione a un modello unificato.

Global Gender Gap 2024: Italia in retrocessione ma si moltiplicano le iniziative per la parità di genere

Il World Economic Forum definisce tramite il Global Gender Gap Report 2024 che ci vorranno 134 anni per raggiungere una piena parità di genere a livello mondiale. Nel documento si evince però che l’Italia, sui 146 Stati presi in esame, si colloca all’87° posto, segnando ben -8% punti sul 2023. Tuttavia in Italia la gender equality è sempre più al centro del dibattito pubblico e istituzionale. Si moltiplicano le istanze e le iniziative volte a promuovere una società più inclusiva e paritaria, sia sotto il profilo culturale che economico. Il Pnrr ha previsto misure specifiche per il sostegno all’occupazione femminile che spaziano dalle opportunità di accesso al lavoro alle possibilità di formazione e di carriera. La parità di genere, infatti, si rivela una grande sfida culturale, ma anche un prezioso motore di crescita per le imprese e per il Paese. Il mondo della normazione tecnica italiana si sta attrezzando per fornire tutti gli strumenti necessari, a cominciare dalla prassi di riferimento UNI/PdR 125, che dal 2022 ad oggi è stata adottata, su base volontaria, da oltre 15mila realtà.  

La UNI/PdR 125, infatti, ha lo scopo di avviare un percorso di cambiamento diffuso per superare la visione stereotipata dei ruoli e attivare i talenti femminili. Affinché le azioni volte al raggiungimento della parità di genere siano efficaci, è stata definita una serie di indicatori (kpi) che garantiscono una misurazione del livello di “maturità” delle singole organizzazioni.

I kpi sono di natura quantitativa e qualitativa: i primi sono misurati in termini di variazione percentuale rispetto a un valore interno aziendale o al valore medio di riferimento nazionale o del tipo di attività economica; i secondi in termini di presenza o assenza. A ogni indicatore è associato un punteggio il cui raggiungimento viene ponderato per il peso dell’area di valutazione: è previsto il raggiungimento del punteggio minimo di sintesi complessivo del 60% per determinare l’accesso alla certificazione. Chi viene certificato, ottiene il marchio UNI, che testimonia l’adesione a un modello unificato.

Reddito di libertà, dalla Regione 236 mila euro per le donne vittime di violenza

Il budget a disposizione dell’avviso, a sportello, è di 236 mila euro, fino a esaurimento fondi per sostenere le donne vittime di violenza e che si trovano in condizione di povertà ad affrontare un percorso di indipendenza economica, di autonomia e di emancipazione, grazie all’assegnazione, per un determinato periodo, di una fonte di reddito stabile. È l’obiettivo dell’avviso rivolto ai Comuni che l’assessorato regionale della Famiglia e delle politiche sociali ha pubblicato per finanziare il cosiddetto “reddito di libertà”.

I finanziamenti andranno ai Comuni che, in sinergia con i centri antiviolenza o con le strutture di accoglienza a indirizzo segreto iscritte all’albo regionale, vogliono avviare un progetto personalizzato in favore delle donne vittime di abusi e maltrattamenti, anche con figli minori o disabili. Potrà essere richiesto un contributo annuo non superiore a 10 mila euro per ciascuna donna.

L’istanza dovrà essere trasmessa in formato pdf, esclusivamente tramite invio con posta certificata all’indirizzo dipartimento.famiglia@certmail.regione.sicilia.it a partire dal prossimo primo ottobre e non oltre il 31 dello stesso mese. L’avviso è stato pubblicato sul portale della Regione Siciliana. Per ulteriori informazioni, consulta il seguente link.