L’Italia è ancora lontana dal riconoscimento dei diritti delle donne nei luoghi di lavoro: molestie, discriminazioni e stereotipi denunciati da 1 donna su 2 in un’indagine

Battutine, discriminazioni, molestie, condizioni sfavorevoli di crescita professionale. In questo modo centinaia di donne hanno descritto la loro esperienza lavorativa all’interno della survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione), realizzata da Fondazione Libellula (https://www.fondazionelibellula.com/it/ebook.html) che ha coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’equità di genere del mondo del lavoro italiano.
Più di una donna su 2 (55%) si dichiara vittima di una manifestazione diretta di molestia e discriminazione sul lavoro. Il 22% ha dichiarato di aver avuto contatti fisici indesiderati e il 53% ha subito complimenti espliciti non graditi.  Le conseguenze si riflettono in una limitazione del proprio comportamento per paura che possa essere male interpretato o portare a conseguenze negative: il 58% delle donne intervistate non reagisce efficacemente di fronte ad una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva o “quella che se la prende”, mentre l’11% non sa come fare.


Il 62% dichiara di essere considerata aggressiva se si mostra ambiziosa o assertiva, tra queste, il 42% ricopre un ruolo di responsabilità dirigenziale. Per gli uomini è più facile e veloce crescere e vedere riconosciuti i propri meriti. Arrivano di più e prima a posizioni di potere, ciò fa sì che in azienda la leadership diffusa sia prevalente al maschile. La carriera della donna è ancora troppo spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza: il 71% sperimenta contesti in cui la leadership e i ruoli di responsabilità sono spesso prevalentemente ricoperti da uomini, il 79% vede crescere i colleghi uomini più velocemente, anche se con minore esperienza della propria o di altre donne. Questa difficoltà di progredire nel proprio percorso lavorativo peggiora in contesti in cui la genitorialità è percepita come condizione esclusivamente femminile. Le donne, così, non sono serene nel comunicare alla propria azienda di essere incinta (41%). Il 68% ha visto rallentare il proprio percorso di crescita, o quello di altre donne, a causa della maternità e il 65% che ha sentito allusioni e commenti rispetto alle conseguenze negative della maternità in azienda. A generare la discriminazione non è solo un rapporto sbilanciato di forza nel contesto lavorativo dato dai ruoli operativi degli uomini rispetto a quelli delle donne, ma anche l’appartenenza al genere. 

Un problema culturale ormai insito all’interno del contesto professionale italiano che necessita di un profondo e continuo lavoro di educazione e sensibilizzazione. La ricerca mette in evidenza come lo stato dell’equità di genere nel mondo professionale sia ancora distante anche quando le donne ricoprono una posizione manageriale: in questa situazione, infatti, i loro comportamenti decisi e determinati vengono visti in un modo diverso rispetto a quelli maschili a volte anche rinunciando a mettersi in gioco per la loro crescita professionale.

Le donne a Budapest studiano più degli uomini. Secondo la ricerca, effetti catastrofici sulla demografia del Paese

L’ufficio dei revisori economici del Parlamento di Budapest ha pubblicato un rapporto secondo cui risulta allarmante il numero troppo alto di ragazze che si sarebbero iscritte alle università ungheresi negli ultimi 10 anni. Troppe studentesse rispetto ai colleghi maschi, per una percentuale del 54,5. Nello stesso lasso di tempo, i ragazzi hanno abbandonato gli studi a un tasso più elevato rispetto alle ragazze.
Secondo la ricerca, presto l’Ungheria avrà troppe donne laureate o comunque con un livello di istruzione che metterebbe in imbarazzo gli uomini, incapaci di sentirsi alla loro altezza, e quindi non disposti a spostare donne così emancipate e istruite, con catastrofici effetti sulla demografia del Paese. L’idea di un uomo terrorizzato da una donna evoluta e istruita è sconfortanteridicola, ma soprattutto subdola. In un Paese che voglia anche solo pensare di dirsi moderno, far figli non può essere una questione demandata alle donne in quanto tali.

6libera si unisce alla richiesta di annullamento dello spettacolo di Placido Domingo accusato di molestie sessuali

Venerdì scorso, a conclusione dell’esecuzione della Turandot di Giacomo Puccini all’arena di Verona, i membri dell’orchestra si sono rifiutati di alzarsi in piedi accogliendo il cenno del direttore, il tenore spagnolo Placido Domingo, che li invitava a prendere gli applausi dal pubblico. Per la rigida etichetta dell’opera e in generale della musica d’orchestra è stata una protesta piuttosto plateale, rivolta contro uno dei più famosi cantanti d’opera al mondo, da alcuni anni malvisto da parte dell’ambiente e del mondo della cultura in quanto accusato di molestie sessuali da numerose lavoratrici del settore. Gli orchestrali di Verona hanno accusato Domingo di non essersi comportato in modo professionale durante la preparazione dello spettacolo. Il Sindacato Lavoratori della Comunicazione della Cgil di Verona, con una lettera indirizzata alla fondazione che gestisce l’arena di Verona e parlando a nome di «artisti del coro, professori d’orchestra e tecnici di palcoscenico», accusa Domingo di essersi presentato solo saltuariamente alle prove – definite comunque «imbarazzanti» – e di non aver saputo dirigere correttamente l’orchestra. Il sindacato ha sostenuto che Placido Domingo «non [è] all’altezza della sua fama» e ha chiesto l’annullamento dello spettacolo che lo stesso Domingo dovrebbe dirigere il prossimo agosto in occasione del centesimo anniversario dell’Arena Opera Festival, il festival lirico che si svolge ogni estate all’arena di Verona. In questi ultimi giorni ci sono state, a Verona, altre proteste contro Domingo. Le lavoratrici e i lavoratori stagionali del Festival Areniano 2022 hanno scritto una lettera al sindaco Damiano Tommasi per esprimere il loro dissenso riguardo la presenza di Domingo in Arena e per chiedere di annullarne lo spettacolo del 2023. Le motivazioni sono le accuse di molestie sessuali che negli ultimi anni numerose lavoratrici nel settore dell’opera hanno rivolto a Domingo, che in passato avevano portato alla cancellazione di alcuni suoi spettacoli e alle dimissioni dal suo incarico di direttore generale dell’Opera di Los Angeles, una delle più importanti compagnie d’opera al mondo. Di recente, contro Domingo, ci sono state nuove accuse.

Anche 6Libera si unisce alla richiesta di annullamento dello spettacolo del 2023.

Linda Cerruti posta una foto con le medaglie e piovono commenti sessisti

Linda Cerruti è una campionessa pluripremiata di nuoto sincronizzato di 28 anni, che ha pubblicato sui social una fotografia, che la ritrae in una delle sue posizioni artistiche, nella quale si uniscono: nuoto, elementi ginnici, estetica e danza, con cui gli atleti eseguono esercizi coreografici in acqua, in sincronia con la musica. L’atleta ha voluto quindi riprodurre la posizione che richiede un allenamento intenso, ricostruendola non in acqua ma a terra, con le sue “otto medaglie vinte in quello che è il miglior campionato europeo della mia carriera” appese alle gambe. La foto è stata ripresa da diverse testate ma ha “scatenato” commenti volgari e sessisti che hanno amareggiato Linda Cerruti, che poi si è sfogata. “Dopo più di 20 anni di allenamenti e sacrifici – aggiunge la campionessa -, trovo a dir poco vergognoso e mi fa davvero male al cuore leggere quest’orda di persone fare battute che sessualizzano il mio corpo. Un sedere e due gambe sono davvero quello che resta, l’argomento principale di cui parlare?”. “Il minimo, nonché l’unica cosa che posso fare, è denunciare l’inopportunità di quei commenti, specchio di una società ancora troppo maschilista e molto diversa rispetto a quella in cui un domani vorrei far nascere e crescere i miei figli”, scrive Cerruti.  “Ci tengo, allo stesso tempo – conclude la campionessa -, a ringraziare tutte le persone che hanno preso le distanze da questi commenti, mi hanno ‘difesa’ ed hanno apprezzato la foto per quello che è: l’immagine di un’atleta di nuoto artistico orgogliosa dei suoi risultati. È questa l’Italia che orgogliosamente rappresento portando la bandiera tricolore in giro per il mondo”.

Pesanti apprezzamenti e avances alla giovane commessa di un negozio

Da circa due settimane si presentava nel negozio da cibo da asporto nel centro di Catania dove la giovane lavora facendole apprezzamenti pressanti. Impaurita per la presenza ‘assillante’ la donna ha chiamato la Polizia che lo ha bloccato e identificato. L’uomo, un marocchino, all’arrivo della pattuglia delle Volanti è andato in escandescenze aggredendo gli agenti, rendendo necessario l’intervento di altri poliziotti che lo hanno arrestato per atti persecutori, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.

#SolidarityWithSanna le donne finlandesi ballano per sostenere la loro prima ministra

Le donne ballano, si divertono, vanno alle feste e questo non dovrebbe essere un valido motivo per screditarle. Non solo le prime ministre ballano, ma anche le avvocate, le ingegnere, le maestre e le chirurghe. Non si placano le polemiche contro la premier finlandese Sanna Marin, 36 anni, finita nella bufera dopo la diffusione in rete di un video in cui balla scatenata a una festa privata con amici famosi. Oltre alle critiche, tuttavia, Sanna sta raccogliendo anche solidarietà. Le donne finlandesi scendono in campo in difesa della premier Sanna Marin, al centro di un polverone mediatico e politico dopo la diffusione di alcuni video privati in cui balla scatenata. Per mostrare la loro solidarietà alla leader 36enne, hanno deciso di pubblicare online filmati in cui danzano e si divertono alle feste, con la didascalia “Dance with Sanna” e taggando i profili social della premier.

No del Senato alla parità di genere nella comunicazione istituzionale scritta

L’Aula del Senato ha respinto l’emendamento che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta, introducendo nel Regolamento l’utilizzo di un linguaggio inclusivo. L’emendamento prevedeva nello specifico che “Consiglio di presidenza stabilisce i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne“. Le proposte di adeguamento del testo sarebbero passate al vaglio della Giunta per il regolamento.La proposta ha ottenuto solo 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti, un numero, quello dei favorevoli, non sufficiente a raggiunge la maggioranza assoluta necessaria per questa votazione. Questa volta è quindi la politica che rifiuta la possibilità di dare una corretta e più equilibrata rappresentazione del genere femminile nella società, la stessa che in genere se ne fa promotrice per abbattere il fenomeno del gender gap.

Certificazione Parità di Genere: pronte le regole

La certificazione della parità di genere, inserita nel Piano Nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR), diventa operativa: le imprese possono chiedere agli organismi di valutazione accreditati l’attestato sul possesso di parametri minimi di equità uomo-donna in azienda. Le imprese che ottengono la certificazione devono assicurare un costante monitoraggio degli indicatori, coinvolgimento le rappresentanze sindacali aziendali, consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità, e consentendo loro di esercitare il controllo e la verifica del rispetto dei parametri minimi. Le aziende che in base a specifica istruttoria risultano conformi ai criteri possono ottenere la certificazione, presentando domanda agli organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) 765/2008. Tecnicamente, il certificato attesta la conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1 per la UNI/PdR 125:2022.

Le linee guida sui requisiti che le imprese sono tenuti a rispettare prevedono sei aree di valutazione per contraddistinguere un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere. Ogni Area è contraddistinta da un peso percentuale che rileva per la misurazione. Per ciascuna Area di valutazione sono stati identificati degli specifici KPI attraverso i quali misurare il grado di maturità dell’organizzazione attraverso un monitoraggio annuale e una verifica ogni due anni.

Le aree sono “Cultura e strategia”, “Governance”, “Processi HR”, “Opportunità di crescita e inclusione”, “equità remunerativa” e “Tutela genitorialità e conciliazione vita-lavoro”.

Il datore di lavoro redige un rapporto annuale, anche sulla base delle risultanze dell’audit interno. Se sindacati aziendali e consiglieri, sulla base di tale informativa, rilevano anomalie o criticità, le segnalano all’organismo di valutazione che ha rilasciato la certificazione, previa assegnazione all’impresa di un termine non superiore a 120 giorni per risolvere i punti critici sollevati.

Consulta il decreto 29 aprile 2022 della Pari opportunità attuativo della misura contenuta nella Legge di Bilancio (comma 147, legge 234/2021) pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso primo luglio, che fissa i criteri minimi per ottenere l’attestato, clicca qui.

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Gender gap, Italia ferma. Pesa ancora l’emergenza Covid-19

L’Italia si trova al 63° posto nell’ultimo Global Gender Gap Report, lo studio annuale pubblicato dal World economic forum (Wef). Il progresso per recuperare la distanza accumulata durante la pandemia è troppo lento e la ripresa economica debole non aiuta: pesa ancora l’emergenza Covid-19 che porta la parità di genere indietro di una generazione. Come in passato, l’Italia è arretrata soprattutto in materia di partecipazione e di opportunità economiche delle donne, che la fanno scivolare al 110° posto della sub-classifica in materia. Sotto questo aspetto è ultima in Europa e al 114° posto (su 146) per le disparità nelle retribuzioni e al 99° per il tasso di partecipazione alla forza lavoro. La Penisola va meglio, ma senza brillare particolarmente, sul fronte dell’istruzione (59° posto assoluto dal 57° del 2021), mentre per la salute, che include la violenza di genere, è solo 108esima (era 118esima). Infine per il potere politico l’Italia è al 40° posto (dal 41°).

Nel complesso l’Europa ha il secondo livello più alto di parità di genere, con il 76,6%, dopo il Nord America, ma la regione ha registrato un miglioramento marginale di 0,2 punti percentuali rispetto all’anno scorso, con un’attesa di 60 anni per colmare il divario. 

La direttrice generale del World Economic Forum Saadia Zahidi, avverte: «La crisi del costo della vita sta colpendo le donne in modo sproporzionato. Di fronte a una ripresa debole, il governo e le imprese devono compiere due serie di sforzi: politiche mirate per sostenere il ritorno delle donne alla forza lavoro e lo sviluppo dei talenti femminili nelle industrie del futuro. Altrimenti, rischiamo di erodere definitivamente i guadagni degli ultimi decenni e di perdere i futuri ritorni economici della diversità».

Le molestie nel metaverso

Da anni ormai il mondo digitale sembra essersi specializzato nel replicare in Rete le principali becere abitudini del mondo reale e anche il Metaverso non poteva sottrarsi a questa fondamentale regola non scritta. Il recente caso di una donna vittima di molestie sessuali (di un avatar femminile molestato da un avatar maschile) in un ambiente di realtà virtuale apre nuovi interrogativi nel mondo del diritto. La categoria dei giuristi si è posta il non trascurabile obiettivo di riuscire a capire se certi comportamenti punibili nella realtà possano esserlo anche quando si verificano in contesti completamente digitali, come per l’appunto quello del Metaverso. Il caso incriminato si è verificato sulla piattaforma “Horizon Worlds” di Meta, la società che fa capo al patron di Facebook. Questo tipo di piattaforme ricrea un ambiente del tutto virtuale all’interno del quale, grazie a un proprio avatar (o alter ego di se stessi) e a una serie di dispositivi di controllo dei movimenti e a un visore, si può entrare in questo ambiente virtuale interagendo con altri personaggi, a loro volta animati da persone reali. Durante una di queste migliaia di interazioni, vi è stato un episodio che, laddove successo nel mondo reale, sarebbe stato qualificabile come “palpeggiamento di parti intime”. Un avatar gestito da un uomo si è abbandonato a comportamenti inurbani ai danni di un avatar gestito da una donna, con tanto di commenti sessisti da parte di altri utenti collegati che, a loro volta a mezzo dei loro avatar, erano presenti alla scena. La donna ha sporto denuncia, fatto quest’ultimo che apre il sipario su tutta una serie di considerazioni. Il tutto cade sotto la competenza di una corte USA, in quanto la vittima e il molestatore sono americani e la piattaforma in cui è avvenuto il fatto è gestita da una società con sede in America. Negli Stati Uniti, un gesto simile seppur in un ambiente virtuale configura in reato.

L’ordinamento italiano inoltre non prevede, a differenza di altri, un autonomo reato di molestie sessuali. Tuttavia, un importante appiglio giuridico potrebbero offrirlo l’art. 660 c.p. e la sua interpretazione fornita, nel corso degli anni, dalla giurisprudenza. Tale norma punisce il reato di molestie alla persona, intese come il comportamento con cui, in luogo aperto al pubblico, si arrechi ad altri molestia o disturbo per motivi meritevoli di rimprovero. Da questa generica definizione relativa a comportamenti che possono anche non avere nulla a che fare con la sfera sessuale, la giurisprudenza ha provato a elaborare la specifica figura delle molestie a sfondo sessuale, che, pur in mancanza dell’atto materiale del contatto fisico tipico del delitto, si sostanziano in espressioni volgari a sfondo sessuale o in atti di corteggiamento invasivo e insistito. Una simile ricostruzione dovrebbe essere sufficiente a ricomprendere, o almeno a fornire l’aggancio per ricondurre nell’alveo delle molestie a sfondo sessuale, e quindi punire, anche quei comportamenti realizzati per mezzo di dispositivi elettronici nel contesto di ambienti virtuali. Sul punto però sarebbe sicuramente opportuno un intervento del legislatore specificamente mirato a punire simili comportamenti e a tutelare la dignità della persona e la sfera privata, massimamente quella sessuale, di ogni individuo, anche quando la stessa possa venire offesa o violata in ambienti completamente virtuali e digitali.