Hostess molestata. Assolto dalle accuse di molestie sessuali a Busto Arsizio

Nel gennaio del 2022 il tribunale penale di Busto Arsizio aveva assolto Raffaele Meola, rappresentante sindacale della CISL, dal reato di violenza sessuale: durante un incontro di lavoro negli uffici del sindacato dell’aeroporto di Malpensa, Meola aveva palpeggiato un’assistente di volo. Il tribunale aveva confermato che erano stati compiuti atti sessuali, la vittima era stata ritenuta credibile e la fondatezza delle accuse era stata accertata da testimonianze di altre donne che avevano subito dallo stesso uomo comportamenti simili. Ma aveva assolto l’imputato perché la vittima aveva reagito dopo 20 secondi. Secondo le giudici, la mancanza di reazione aveva creato una sorta di consenso implicito.

La condotta dell’uomo, c’era scritto nella sentenza, «non ha implicato alcun costringimento fisico della vittima», previsto dall’articolo 609 bis del codice penale sulla violenza sessuale, «né si è concretizzata in atti idonei a superare la volontà contraria della persona offesa per insidiosità e repentinità»: l’assistente di volo durante la prolungata molestia «ha continuato a sfogliare e a leggere documenti senza manifestare nessun dissenso» ed era, secondo il tribunale, «nelle condizioni di potersene andare» perché la porta non era chiusa a chiave.

Global Women Inventors & Innovators Awards 2023

Nella serata del 7 settembre si terrà a Reykjavik, in Islanda, l’Awards Gala Dinner Ceremony Gamla Bio. Nel corso dell’evento, la Presidente dell’associazione 6libera.6come6, Dhebora Mirabelli, riceverà il premio mondiale Award Women 4 Solution e Sostenibility per il progetto e le iniziative integrate 6libera.org, l’Osservatorio Digitale contro le molestie e violenze sui luoghi di lavoro.

La Presidente dell’associazione, Dhebora Mirabelli, ha già ottenuto importanti riconoscimenti nel 2022. Ad ottobre Itwiin 2022 Donne eccezionalmente creative e innovative nella sezione Capacity Building per il progetto 6Libera e il 6 dicembre 2022 il premio Standout Women 2022 presso il Parlamento italiano.

Buffet in hotel a bordo piscina: una ragazza coperta di cioccolato

Un buffet di dolci a bordo piscina e tra un pasticcino e l’altro una ragazza in costume da bagno ricoperta di cioccolato. È accaduto a Ferragosto al Voi Colonna Hotel di Golfo Aranci. L’episodio è stato reso pubblico da un manager milanese in vacanza in Sardegna che ha pubblicato sul suo profilo LinkedIn la foto del buffet e un commento in cui parla espressamente di “corpo femminile come oggetto”, chiamando in causa la catena Voi Hotels e il gruppo Alpitour e innescando una bufera social. L’ospite del resort si chiede come possa una catena alberghiera “permettere che nelle proprie strutture ci siamo questi comportamenti, dove il corpo di una donna, di una lavoratrice, sia equiparato a quello di una stoviglia per assecondare l’occhio malizioso dì qualcuno”. L’uomo ha anche riportato il commento della figlia 14enne: «Papà, che schifo, questo non è un Paese dove potersi realizzare», e ha concluso: «Parlare di sostenibilità e di etica è molto semplice, rendere questi valori aziendali vivi nel quotidiano è sicuramente molto più difficile».

Voi Hotels ha replicato al turista. «Desideriamo, prima di tutto, porgere a lei, alla sua famiglia e in particolare a sua figlia, nonché ai nostri clienti, le più sincere scuse a nome di tutto il management Voi hotels. Ci rammarichiamo profondamente per l’incidente verificatosi e desideriamo ribadire con fermezza che non abbiamo mai avuto alcuna intenzione di rappresentare valori diversi da quelli che abbracciamo. Stiamo intraprendendo azioni immediate per affrontare questo episodio in modo costruttivo e per garantire che in futuro nessun cliente debba sentirsi offeso in alcun modo».

Giornalista demansionata dopo la maternità

Lunedì scorso il tribunale del Lavoro di Milano ha condannato il Sole 24 ore per aver demansionato e discriminato la collega Lara Ricci, vice-caposervizio da anni al supplemento culturale Domenica, al rientro dalla maternità.

Il suo lavoro quotidiano era quello di correttrice di bozze. Le sue rubriche le sono state cancellate, così come le trasferte e tutte le attività di organizzazione e ideazione delle pagine e le possibilità di scrittura ridotte drasticamente. A niente sono serviti gli interventi del Cdr, che si è schierato subito a fianco della giornalista e due diffide inviate. Nemmeno le richieste di un colloquio con la nuova amministratrice delegata hanno mai avuto risposta. Il giudice del lavoro, ha condannato il Sole 24 ore a riassegnare alla ricorrente le mansioni pregresse e a risarcire Ricci per il danno alla professionalità, per danno non patrimoniale all’immagine e le immancabili spese di lite. La sentenza colpisce un giornale che a gennaio aveva ottenuto la certificazione di parità del genere  e dove molte giornaliste si spendono per la causa delle donne, e contro la discriminazione sessuale in Italia.

Violenza di genere: “tra i 5 e i 10 secondi” non è reato

La “repentinità dell’azione, senza alcuna insistenza nel toccamento”, da considerarsi “quasi uno sfioramento” non consente di “configurare l’intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale”. È quanto scrivono i giudici del tribunale di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, un bidello di 67 anni di un istituto scolastico di Roma, finito sotto processo per l’accusa di violenza sessuale per avere toccato una studentessa ad aprile 2022.

Nel corso del processo l’imputato ha ammesso di avere toccato la studentessa ma di averlo fatto “per scherzo”. La vittima ha, invece, ribadito quanto avvenuto. Per i giudici “le modalità dell’azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento, per un tempo sicuramente minimo, posto che l’intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento”.

Con l’hashtag #10secondi, i social criticano fortemente la decisione del tribunale di non considerare molestia una palpata sul sedere perché durata meno di tale tempo.

Attori, attivisti, personaggi noti e anche persone comuni stanno postandovideo in cui si toccano il seno ma per meno del famigerato tempo (nei filmati appare un timer) e, quindi, commentano la sentenza. I magistrati aggiungono nelle motivazioni che “appare verosimile che lo sfioramento sia stato causato da una manovra maldestra dell’imputato che, in ragione della dinamica dell’azione, posta in essere mentre i soggetti erano in movimento potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all’intento iniziale”. A detta del tribunale, “depone anche la condotta successiva dell’imputato, che solo alla manifestazione di disagio della ragazza, si è reso conto della natura inopportuna del suo gesto, andato oltre le proprie intenzioni, tanto da cercare di chiarire la situazione ed evitare ogni fraintendimento”.

Molestie e abusi sulle donne nel settore pubblicitario. We Are Social condanna l’accaduto

A seguito dell’intervista rilasciata a Massimo Guastini, pubblicitario co-fondatore dell’agenzia Cookies & Partners, da Monica Rossi, in cui accusa Pasquale Diaferia, altrettanto famoso pubblicitario, di essere molestatore e abusatore seriale di giovani e meno giovani colleghe pubblicitarie o tirocinanti, uno dei tre fondatori dell’agenzia We Are Social, Gabriele Cucinella, il network citato da Massimo Guastini, ha risposto su Facebook all’ex capo di Adci, ed è stato intervistato da Prima Comunicazione.

Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata da Prima Comunicazione, a Gabriele Cucinella e al capo delle risorse umane dell’agenzia We Are Social, Giuliana Piana Caramella.

Prima Comunicazione – Qual è la vostra posizione sulla querelle sulle molestie sessuali nelle agenzie? In che cosa consisteva la vostra ‘chat degli 80’, bacchettata sui social e ora anche sui grandi giornali?

Gabriele Cucinella – Vorrei cominciare dalla nostra ricostruzione dei fatti e da una contestualizzazione. Va rimarcato che siamo chiamati in causa per qualcosa accaduto sette anni fa. Che esistesse dal 2016 una ‘chat degli ottanta’ sulla piattaforma Skype che certamente aveva contenuto inaccettabili commenti sessisti noi l’abbiamo scoperto nel 2017, quando è stata chiusa. L’azienda ha sempre ritenuto che questa iniziativa fosse stata ignobile e vergognosa e l’abbiamo subito condannata. Abbiamo anche fatto un controllo interno, ma sui nostri sistemi non avevamo la possibilità di identificare alcun contenuto, perché la chat Skype non era utilizzata ufficialmente dall’azienda. Era stata creata da dei singoli, nessuno di noi tre fondatori dell’agenzia era presente al suo interno e non abbiamo avuto alcuna possibilità di risalire ai contenuti. Non disponiamo ancora oggi di alcun messaggio, post, screen shot di quella chat. Comunque, visti i nuovi elementi emersi ribadiamo che consideriamo inaccettabile l’accaduto. Abbiamo appena deciso di intraprendere nuove azioni e abbiamo incaricato un ente terzo di rifare le indagini.

Prima Comunicazione –Anche se l’avete fermata, le decine di persone che partecipavano alla chat raccontano comunque un clima, una maniera di vivere le dinamiche lavorative a diri poco velenoso. Non erano solo cinque o sei persone ad essere coinvolte…

Gabriele Cucinella – Personalmente penso che sarebbe stato ugualmente grave anche se i partecipanti fossero stati pochissimi. Condanniamo quanto accaduto a prescindere dal numero dei partecipanti alla chat.

Ma quanto avvenuto non aveva alcun rapporto con lo stile e la modalità di vivere la nostra struttura. Non era il sintomo di un clima generale nel 2016 e nel 2017. Mi conforta, da questo punto di vista, il fatto che stiamo ricevendo tanti messaggi di solidarietà da ex dipendenti.

Prima Comunicazione – Avete licenziato o ‘ammonito’ qualcuno dei ‘colpevoli’, ai tempi?

Gabriele Cucinella – Chi ci fosse dentro non lo sapevamo. Avremmo forse potuto indagare di più, ma senza possibilità di accedere alla chat abbiamo ritenuto di procedere diversamente, cioè con azioni proattive di sensibilizzazione.

Giuliana Piana Caramella: Siamo consapevoli del fatto che su temi così critici qualsiasi azione rischi di non essere mai percepita come esaustiva. Ma si può molto migliorare e continuare a farlo. Quello che posso dire senza temere di essere smentita è che il clima aziendale di We Are Social è sano. L’attenzione per le proprie persone è un fatto reale, un aspetto imprescindibile del dna dell’agenzia. E abbiamo implementato da tempo delle pratiche strutturate per raccogliere i segnali in tutta trasparenza e senza timori di un eventuale disagio tra chi lavora in agenzia.

Due ricerche interne annuali e indipendenti monitorano proprio questo aspetto. Ci sono degli items specifici, definiti proprio per misurare il ‘clima’. Ma anche delle domande aperte, per lasciare la possibilità di esprimersi in maniera più generale. E per mettere noi delle risorse umane nelle condizioni di creare degli ‘action plan’ mirati a risolvere i problemi emergenti dei dipendenti.

Abbiamo al nostro interno un organo dedicato specificamente alla diversity & inclusion ed è molto propositivo e attivo con dati e statistiche anonime. Abbiamo uno sportello psicologico. Abbiamo fatto dei training specifici, con partner esterni qualificati, per spiegare bene il codice etico che tutti firmano al momento dell’assunzione.

Prima Comunicazione – Pensate sia stato doveroso uscire allo scoperto? 

Gabriele Cucinella – Siamo intervenuti nella vicenda noi direttamente, per esigenza di trasparenza. Ho risposto su FB al post di Guastini che chiamava in causa genericamente l’agenzia della chat degli 80. Volevo chiarire la nostra posizione e dimostrare la nostra totale apertura al confronto su un tema così cruciale. La mia risposta su FB a Guastini non voleva giustificare certo le problematiche della chat. Sicuri delle nostre azioni ci siamo impegnati a chiarire. Non abbiamo mai pensato di nasconderci ed è per questo che abbiamo accettato di rispondere a Prima.

Prima Comunicazione – È indubbio che la vicenda vi procuri danni di reputazione.

Gabriele Cucinella – Certi commenti e certe testimonianze sono per noi dolorosi. Siamo profondamente rammaricati perché da quando siamo nati abbiamo sempre pensato che l’agenzia dovesse essere un posto di lavoro sereno, dove le persone si trovassero bene e fossero libere di esprimersi, puntando sulla trasparenza sotto tutti i punti di vista.

Questi valori rimangono al centro del nostro modo d’intendere la sfera privata e professionale. Ma stiamo pure valutando quali iniziative intraprendere a difesa dell’agenzia e delle duecento famiglie che hanno un destino collegato ad essa.

Prima Comunicazione – Che vi dicono i clienti?

Gabriele Cucinella – Stiamo raccontando la situazione e tenendo aggiornati tutti minuto per minuto sugli sviluppi, in totale sincerità. È evidente che si tratta di una vicenda in divenire, che ci obbliga di continuo a reagire a domande e situazioni non sempre prevedibili. La gestione del rapporto con i clienti in questa fase è uno dei nostri focus.

Prima Comunicazione – Una, Ferpi, Adci sono scese in campo con documenti, convocazione di consigli straordinari, dichiarazioni. C’è un problema culturale – legato alla storia e al vissuto del settore – che rimane critico, come molte “denunce” social lasciano intendere?

Gabriele Cucinella – Certamente c’è un tema di cambiamento profondo, sul quale tutto il settore deve lavorare per crescere in sensibilità e stile di comportamenti. Come in altri comparti, dobbiamo sforzarci per fare tutti assieme un bel passo avanti culturale.

Giuliana Piana Caramella – Dal mese di aprile, da prima che nascesse il caso, stiamo lavorando ad un audit che ci porti alla certificazione di genere. Un percorso di evoluzione che abbiamo intrapreso coerentemente con altri sforzi e impegni che vanno sempre nella direzione della salvaguardia delle nostre persone.

Prima Comunicazione – In sintesi, cosa vuole comunicare alle persone toccate da questa vicenda …

Gabriele Cucinella – Vorrei ribadire la mia solidarietà a chi si è sentito offeso e scusarmi. Lo faccio anche a nome di Ottavio Nava e Stefano Maggi, che con me sono stati i pionieri di We Are Social e continuano a guidarla. Assicurando a tutti che stiamo rafforzando l’impegno nelle attività volte a rendere il nostro ambiente sempre più inclusivo e fare sì che questi episodi non accadano più.

21 Giugno 2023 – 6Libera festeggia 2 anni

In occasione del secondo anniversario di 6Libera, l’Osservatorio contro le molestie e violenze sul lavoro, siamo orgogliosi di omaggiarvi del nostro fumetto “Giustizia Lavorativa”, un’opera coinvolgente e potente che affronta il tema delle molestie e delle violenze sul lavoro. Questo progetto mira a sensibilizzare e promuovere una discussione su una questione di fondamentale importanza, mediante l’ausilio di un fumetto che in modo facile e intuitivo spiega la mission di 6Libera e in che modalità è possibile prevenire contro le forme di violenza sui luoghi di lavoro.

La protagonista del fumetto, Giustizia Lavorativa, incarna la forza, la resilienza e la determinazione necessarie per combattere le ingiustizie sul posto di lavoro. Dotata di straordinari poteri, Giustizia Lavorativa rileva le ingiustizie e mobilita i lavoratori per affrontare le molestie, le violenze e le discriminazioni. Indossando un costume che richiama la giustizia e la dignità del lavoro, Giustizia Lavorativa simboleggia la protezione e la speranza per coloro che sono vittime di ingiustizie. La maschera che copre gli occhi rappresenta la necessità di proteggere l’identità dei lavoratori che si rivolgono a lei per aiuto, garantendo loro un ambiente sicuro per denunciare e far valere i propri diritti.

L’Italia arretra sulla parità di genere. Il report del World Economic Forum

Secondo quanto riportato dal Rapporto globale sulla disparità di genere 2023 del World Economic Forum, l’Italia è ben lontana dalla parità di genere. Anche se il percorso verso l’uguaglianza tra i sessi torna ai livelli pre-pandemia, secondo il World Economic Forum si otterrà una vera uguaglianza non prima del 2154.

Il rapporto rileva che il divario complessivo tra i sessi si è ridotto di 0,3 punti percentuali rispetto all’edizione dello scorso anno. Il progresso complessivo nel 2023 è in parte dovuto alla riduzione del divario nel livello di istruzione, con 117 Paesi su 146 indicizzati che hanno colmato almeno il 95% di tale divario. Nel frattempo, il dislivello nella partecipazione economica e nelle opportunità si è ridotto del 60,1% e quello nell’emancipazione politica solo del 22,1%. Al ritmo attuale, ci vorranno 169 anni per la parità economica e 162 anni per quella politica.

L’Italia perde 16 posizioni in un anno slittando dalla posizione 63 alla 79, dopo Thailandia, Etiopia, Georgia, Kenya e Uganda. Le cose vanno ancora peggio se si guarda alla partecipazione economica e alle opportunità (104esima posizione). La migliore performance tra gli ambiti analizzati è quella relativa alla politica che vede l’Italia alla 64esima posizione.

Guardando alla classifica europea l’Italia si colloca alle 30esima posizione dopo Bulgaria, Montenegro, Malta e Macedonia.

L’Islanda, invece, si conferma per il 14° anno consecutivo il primo Paese al mondo per uguaglianza di genere e l’unico ad aver colmato oltre il 90% del divario di genere. Sebbene nessun Paese abbia ancora raggiunto la piena parità di genere, i primi nove classificati hanno colmato almeno l’80% del loro divario.

Abolire la diseguaglianza di genere: il 41% delle aziende non ha un piano

Secondo una ricerca condotta in Italia dal movimento delle B-Corp siamo ancora molto lontani dalla piena uguaglianza tra uomini e donne nel contesto lavorativo. All’interno del B-Corp sono presenti aziende che si impegnano a rispettare determinati standard per garantire un impatto positivo per dipendenti, società e ambiente.

La ricerca ha permesso di analizzare 700 imprese italiane. Il 41% di queste aziende analizzate non ha in atto nessun piano aziendale o strategia strutturata per combattere le disuguaglianze e abolire il gender pay gap. In Italia, nel lavoro, mancano imprenditrici e donne a ogni livello. Solo il 19% delle imprese conta, tra i propri soci, almeno un quarto di donne. Anche nei ruoli manageriali e di leadership le lavoratrici sono ampiamente sottorappresentate e solo il 30% conta professioniste nei loro consigli di amministrazione.

Frasi sessiste al corso per magistrati

A Firenze, presso la prestigiosa Scuola per magistrati di Scandicci, a pochi giorni dal giuramento dei giovani studenti davanti al presidente Sergio Mattarella, durante un collegamento da remoto del relatore Daniele Domenicucci con l’aula per una lezione su “Le pregiudiziali davanti alla Corte di Giustizia”, compare sullo schermo una chat sessista con un collega. Il Comitato direttivo della Scuola superiore di Magistratura ha sospeso la collaborazione con i due relatori coinvolti, scrivendo in una lettera agli allievi: «Pur non potendo in alcun modo essere ritenuto responsabile del contenuto dei messaggi che i due coordinatori si sono scambiati, ci teniamo a farvi sapere che deploriamo fortemente l’accaduto e intendiamo stigmatizzare il comportamento dei due referendari della Corte di giustizia, non magistrati, che non saranno più chiamati a collaborare in attività di formazione della scuola superiore della magistratura».