Aggressione a una dottoressa durante il Covid: condannato a un anno e sette mesi

Il tribunale di Termini Imerese ha condannato a un anno e sette mesi di reclusione, senza sospensione condizionale, un uomo responsabile dell’aggressione ad una dottoressa, avvenuta il 26 febbraio 2020 in guardia medica. La sentenza ha respinto la richiesta dell’imputato di accedere al beneficio della messa alla prova, considerata la gravità dei fatti e l’assenza di pentimento o risarcimento verso la vittima.
L’aggressione è avvenuta durante l’emergenza Covid, quando l’uomo, temendo il contagio, ha aggredito la dottoressa nella guardia medica. Durante l’episodio, è stato coinvolto anche il padre della professionista, che si trovava nella saletta di riposo per garantirle maggiore sicurezza. L’uomo è stato minacciato, spinto violentemente e ha riportato la frattura di due costole a seguito della caduta.
L’Ordine dei Medici di Palermo si è costituito parte civile a tutela della dottoressa. Durante il processo, è stata respinta la richiesta dell’imputato di accedere alla messa alla prova, anche a causa di una querela infondata presentata contro la dottoressa per omissione di atti d’ufficio, poi archiviata.
Il presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo, Toti Amato, ha espresso soddisfazione per la sentenza, ma ha sottolineato la necessità di interventi urgenti per garantire la sicurezza dei professionisti sanitari: «Questa sentenza è un risultato importante perché afferma con chiarezza che chi aggredisce un medico non resterà impunito. Ma non basta: la sicurezza dei professionisti della sanità non può dipendere solo dalle aule di tribunale. Servono interventi immediati e strutturali per proteggere chi ogni giorno garantisce cure alla collettività».
L’aggressione ha avuto un impatto profondo sulla vita della dottoressa, costretta a lasciare il lavoro per paura di nuove minacce. «Se non fosse stato per il sostegno dell’Ordine dei Medici, dei suoi legali, del mio sindacato Fimmg e dell’avvocato di mio padre, il peso di questa vicenda sarebbe stato insostenibile», ha raccontato. «Per circa otto mesi ho lasciato il lavoro come guardia medica, dedicandomi ad attività di ufficio durante l’emergenza Covid. Grazie al loro supporto, sono riuscita a riprendere la mia attività, anche se in un altro presidio. Essere una giovane professionista e trovarsi all’improvviso in una situazione così difficile può togliere ogni certezza, ma sapere di poter contare su istituzioni e colleghi che non ti abbandonano fa la differenza. Mi hanno fatta sentire protetta».
La vicenda rappresenta un monito sulla necessità di proteggere i professionisti sanitari, sempre più esposti a rischi e aggressioni, soprattutto in contesti di emergenza come la pandemia. La sentenza, seppur significativa, evidenzia l’urgenza di misure concrete per garantire la sicurezza di chi opera in prima linea per la salute pubblica.