L’Avv. Massimo Rossi commenta la sentenza che condanna l’imprenditore per la violenza verbale e psicologica contro la lavoratrice
«La piena consapevolezza del “ruolo dominante” e la piena consapevolezza della necessità della dipendente di quell’impiego descrive con sufficienza la “forza” espressa dal datore di lavoro.
Le parole proferite nei confronti della dipendente erano come lame di coltello che affondavano nella carne viva.
Erano lame affilate che colpivano la donna non solo per i termini usati ma perché Ella si sentiva “oggetto” e non si poteva ribellare per ragioni economiche finendo per nutrire un profondo scoramento e un senso di colpa.
La violenza verbale, il senso di colpa e la manipolazione psicologica non sono meno invasive della violenza fisica. Generano lo stesso tipo di dolore nella donna ma soprattutto finiscono per farle ritenere di essere lei nel luogo e nel posto sbagliato; essere lei quella sbagliata. Le molestie come quelle descritte sono violenze psicologiche di ordine sessuale e non solo si manifestano come violenze ma come vere e proprie “manipolazioni psicologiche”. La manipolazione è la più subdola forma di violenza perché genera un rapporto di ambivalenza tra soggetto autore e soggetto passivo.
Tale situazione si manifesta con una “responsabilizzazione” del soggetto manipolato che finisce per colpevolizzarsi.
La necessità di una normativa che vada a tutelare le persone in una posizione di subalternità è un dovere civile ed etico insieme e un valore del diritto positivo» commenta l’autorevole nonché nostro componente del Comitato Scientifico Avv Massimo Rossi, in riferimento alla vicenda dell’imprenditore che ha molestato verbalmente una sua dipendente. Per leggere la news in questione clicca qui.