Bullismo e discriminazione: fenomeni in aumento nelle organizzazioni educative e negli ambienti di lavoro
a cura di avv. Raffaella Aghemo
Il mondo del lavoro non è mai stato così complicato. La crisi economica e l’impatto, non solo sociale ma anche emotivo, della pandemia, ha spezzato gli ultimi argini, facendo defluire una serie di fenomeni che non fanno che produrre nuove forme di violenza e di discriminazione.
La rabbia, l’impotenza, la frustrazione, una forma ormai estesa di depressione, scatenano in alcuni soggetti una voglia di rivalsa, di vendetta, di crudeltà, che trova nel mezzo informatico, nella rete un veicolo potentissimo. L’eco che Internet crea, la diffusione a mezzo media di ogni cattiveria e meschinità, non ha fatto che rendere più sicuri i cosiddetti “leoni da tastiera”, fornendogli spesso anche l’”alibi” di un possibile anonimato. Addirittura la creazione di infrastrutture digitali, sempre più complesse, rende il lavoro di chi dovrebbe perseguirli, notevolmente complicato!
Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, se protratto attraverso i mezzi digitali, è in crescente aumento. «La prima definizione di cyberbullismo è stata data da Bill Belsey. Il cyberbullismo è una forma elettronica di bullismo tradizionale, che si accompagna alle caratteristiche della comunicazione virtuale: anonimato, mancanza di empatia, incontrollabilità e conservazione a lungo termine di informazioni traumatiche. Il cyberbullismo è un’influenza deliberata, reiterata e ripetuta su un adolescente per mezzo di tecnologie elettroniche, compreso l’invio di messaggi offensivi e minacciosi, la diffusione di informazioni dispregiative non plausibili sulla rete, nonché foto e video con la partecipazione della vittima», si legge nel bel lavoro, “Risultati della ricerca Cyberbulling nelle organizzazioni educative”, svolto da una professoressa dell’Università pedagogica professionale statale russa, Dina Shchipanova. «..il tipo più comune di cyberbullismo nello spazio Internet può essere chiamato flaming. È uno scambio di brevi commenti emotivi tra due o più persone, che di solito avviene in luoghi pubblici sul Web. Il 13% dei ragazzi e il 6% delle ragazze sono stati colpiti da questo fenomeno. Inoltre, si osserva un alto tasso per le ragazze sotto forma di frasi oscene (8%), mentre per i ragazzi è dello 0%.»
Se prima il fenomeno si è, ahimè, diffuso nelle aule scolastiche, si è ora allargato, come un magma, agli ambienti lavorativi, agli spazi aziendali (virtuali o reali che siano), colpendo in maniera più massiva le donne. Ma il fenomeno, che può manifestarsi, ad esempio, attraverso forme di mobbing, spesso non viene considerato, a volte tacciato di esagerazione, se non addirittura ignorato! E le vittime subiscono atti vili, quali la mancata comunicazione di informazioni strategiche professionali, una mancata convocazione a riunioni o appuntamenti importanti, o il classico pettegolezzo, che come tradizione ci insegna, è quasi sempre veicolato su donne e sul loro percorso aziendale, integrando fattispecie di reato quali la diffamazione.
Sempre secondo le ottime definizioni della Shchipanova, «Il mobbing è una forma di violenza e si svolge prevalentemente in gruppi organizzati. Esistono due tipi di mobbing: verticale e orizzontale. Il mobbing verticale o bossing è un terrore psicologico contro un dipendente proveniente dal capo. Il mobbing o bullismo orizzontale è il terrore psicologico emanato dai colleghi.»
Il dato sconcertante, in questi fenomeni, è che, anche i partecipanti si trasformano. L’aggressore può essere semplicemente un “troll” o un cyber persecutore; decine, centinaia e persino migliaia di persone possono diventare osservatori. E quando il fatto si consuma in rete, sembra penetrare meno nella sensibilità della massa, forse perché percepito lontano, o, talvolta, giustificato in maniera scorretta e superficiale.
Allora cosa fare? Occorre “gridare” sempre più forte che episodi del genere esistono, e sono numerosi, e sensibilizzare tutti affinché si possano immediatamente contrastare, o meglio prevenire atti del genere che possono portare a conseguenze talvolta irrimediabili.
Iniziative come 6libera.org ci mostrano che non ci si deve necessariamente arrendere alla “brutalità” come fenomeno sociale e di costume, ma che, lottare per qualcosa di giusto, rappresenta il miglior LAVORO che possiamo fare per noi e per gli altri!